Chiesa di San Giorgio in Lemine – Almenno San Salvatore

A circa cinquecento metri dalla Madonna del Castello, sempre nel comune di Almenno San Salvatore, troviamo la chiesa di San Giorgio. Si tratta di un edificio romanico a struttura basilicale a tre navate, risalente al XII secolo. Non c’è una documentazione certa sulla sua fondazione; l’unica data sicura è il 1171, quando risulta che la chiesa esisteva già fondata dal vescovo di Bergamo, l’unico in grado di sostenere la costruzione di un edificio ecclesiale in un territorio a lui sottoposto, per rispondere alle nuove esigenze devozionali e liturgiche di una popolazione in crescita.

La chiesa fu costruita in due momenti, come è possibile notare dalla diversità dei materiali e delle tecniche utilizzate: migliori e più curati nella prima tessitura muraria in arenaria rispetto alla seconda in borlanti. Le difficoltà politiche del periodo, che videro il vescovo Gerardo, presunto committente, scomunicato nel 1167 per avere appoggiato l’impero, oltre alle difficoltà economiche e di reperimento dei materiali di costruzione furono le cause più probabili dei due momenti di edificazione.


San Giorgio visse il suo periodo migliore dalla seconda metà del XIV secolo alla prima metà del XV. L’aumento della popolazione, le lotte tra i guelfi di Lemine Superiore e i ghibellini di Lemine Inferiore avevano indebolito la posizione della Pieve, spingendo a privilegiare San Giorgio così che, sebbene non avesse il rango di parrocchia o di canonica e fosse una chiesa sussidiaria della Pieve di Lemine, ne assunse, a partire dal ‘300, gradualmente le funzioni fino a sostituirsi ad essa.


L’autonomia non era solo liturgica, ma anche economica per i numerosi lasciti e donazioni diretti alla sua gestione e al suo abbellimento. Una parte dei donativi furono destinati dagli offerenti al finanziamento degli affreschi che avrebbero ricoperto integralmente le pareti interne della chiesa. Nella prima metà del ‘400 San Giorgio era divenuto il centro non solo dell’attività religiosa, ma anche un punto di incontro della comunità per la trattazione di affari di ordine civile.

Alla chiesa si appoggiò anche una confraternita di civili devoti, chiamati Disciplini o battuti, che oltre alla preghiera si dedicavano al proselitismo e alla flagellazione per purgare i peccati e impetrare il perdono divino, ricercando le stesse sofferenze della Passione di Cristo, e svolgevano anche attività di carattere sociale come l’assistenza ai bisognosi e l’intervento diretto per sedare le lotte frequenti in quel periodo.


San Giorgio subì, assieme al suo territorio, le conseguenze disastrose delle lotte tra guelfi e ghibellini che vide questi ultimi perdenti, ed entrò nell’oblio dopo il 1443, quando la Repubblica di Venezia sterminò molti ghibellini ed esiliò i pochi sopravvissuti. La nascita di nuove parrocchie, lo sviluppo di nuovi agglomerati rionali, la suddivisione di Lemine, ormai Almenno, nei due comuni di Almenno San Salvatore e Almenno San Bartolomeo, emarginarono San Giorgio fino all’età contemporanea.

Durante la peste manzoniana del 1630 San Giorgio, in posizione isolata con il suo piccolo cimitero, divenne la Chiesa dei Morti, mantenendo questa funzione anche dopo la fine della peste, con una devozione e una attenzione maggiore per la manutenzione dell’edificio, così che gli affreschi superstiti si salvarono. Solo a partire degli anni 50 del secolo scorso si riaccese l’interesse storico-artistico verso San Giorgio di cui si iniziarono a riscoprire e rivalutare gli affreschi come uno dei più importanti esempi di arte nell’area lombarda.

Uno dei più appassionati ed esperti cultori degli affreschi di San Giorgio fu don Angelo Rota. Il Rota si prodigò per la sua rinascita, avendone compreso il valore artistico e storico, e riuscì a coinvolgere negli anni 60-70 la Commissione Diocesana di Arte Sacra, la Soprintendenza alle Belle Arti e alcuni sostenitori privati nel restauro della chiesa e nel recupero dei suoi affreschi. Di questi alcuni furono salvati con la tecnica dello strappo e sono in attesa di essere ricollocati nella chiesa.

La struttura della chiesa é tipica dello stile romanico lombardo: impianto a basilica ad asse longitudinale ad andamento rettangolare. La facciata presenta una doppia coloritura dovuta ai diversi materiali usati nelle due fasi di costruzione dell’edificio: la parte inferiore in blocchi di arenaria ben squadrati e la parte superiore in materiale meno nobile, calcareo e di colore chiaro quasi bianco. L’abbinamento dei due colori, forse un unicum nell’architettura sacra, testimonia i due momenti costruttivi senza nulla togliere alla bellezza dell’edificio.


Sopra la porta d’accesso fu aperta, in tempi successivi, una finestra incorniciata in alto da un corso di mattoni rossi che crea una tricromia che movimenta la facciata. A quest’ultima fu aggiunto nel XVIII secolo un piccolo portico, abbattuto all’inizio del ‘900. Le pareti laterali esterne dell’edificio: in basso blocchi di arenaria, in alto , borlanti di fiume, disposti a lisca di pesce. Il disegno dell’abside è di grande eleganza e leggerezza per le sottili colonnine che delimitano le nicchie e incorniciano le finestrelle. Sul lato nord della chiesa in epoca napoleonica fu realizzato un cimitero, un piccolo spazio aperto con lapidi e cappellette. L’esito complessivo è di grande fascino.

All’interno si aprono tre navate, quella al centro più ampia e più elevata rispetto a quelle laterali, divise da tre archi longitudinali poggianti su pilastri a sezione rettangolare, senza basi e capitelli, con semplici modanature. Lo spazio ecclesiale si conclude con il transetto e con l’abside. L’abside é alleggerito da tre eleganti finestrelle a doppio sguancio, che danno luce e contribuiscono con un chiarore tenue al gioco di ombre che rende più misteriosa la lettura di quel che resta della Maiestas Domini. Dalle finestre sulle pareti laterali piove una luce diafana appena sufficiente ad illuminare lo sviluppo degli affreschi che coprono le pareti.


L’importanza di San Giorgio nella storia dell’arte non solo lombarda è dovuta, oltre che alla sua architettura romanica, agli affreschi che ornano le sue pareti: si tratta di opere di grande bellezza, che testimoniano le diverse sensibilità e capacità artistiche dei momenti i cui sono stati realizzati e nell’insieme costituiscono uno scenario policromo di grande impatto visivo. Alcuni di questi affreschi, quali la Maestà nell’abside e i simboli dei quattro evangelisti, i più antichi, sono particolarmente deperiti e appena leggibili, ma i loro resti ne fanno intuire la bellezza originaria.

Il simbolismo che presiede alla Maestà, richiama gli affreschi più antichi dei secoli XII-XIII: sono espressione di un linguaggio romanico con riflessi bizantineggianti, opere di artisti di area bergamasca, come alcuni santi affrescati su pilastri, strappati per tutelarne la conservazione. Gli affreschi della parete di destra, del secolo successivo, hanno una maggiore compiutezza, come si può rilevare nel trittico di San Giorgio e la Principessa, la Madonna e il Bambino e S. Alessandro, attribuito al Maestro del 1388.


È un trittico asimmetrico, posto sull’angolo tra la parete sud e la parete ovest, che raffigura San Giorgio nell’atto di uccidere il drago davanti alla Principessa, la Madonna che tiene per mano il Bambino, racchiusa fra sottili colonnine tortili, e alla sua sinistra S. Alessandro vestito da cavaliere. Particolarmente belle nelle loro composizioni le figure di San Giorgio sul cavallo bianco e della Principessa, in drappeggio elegante e composto, che richiamano un’atmosfera cortese da castello visconteo; grazioso il linguaggio degli occhi tra la Madonna e il Bambino.


Di grande drammaticità la quattrocentesca deposizione nel sepolcro di incerta attribuzione, in cui l’affollamento dei personaggi contribuisce ad esaltare il pathos espresso dai volti. Si possono riconoscere Giovanni di Arimatea, ai piedi, la Maddalena che bacia le ginocchia di Cristo, la Madonna che ne bacia il volto, e San Giovanni Evangelista che ne sorregge il capo. Notevole l’espressione della pia donna che grida con le braccia alzate. Il complesso degli affreschi di San Giorgio costituisce uno dei più importanti esempi di pittura medievale.

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