Basilica di San Martino Vescovo – Alzano Lombardo

Forse nel 1023, la sua prima chiesa, romanica, probabilmente a una sola navata con copertura a travatura in legno, dedicata a San Martino. Nei secoli successivi Alzano assunse maggiore importanza, anche se solo nel 1457, dopo lunghe controversie protrattesi circa un secolo, diventa parrocchia autonoma svincolandosi dalla potente Pieve di Nembro alla quale era stata fino ad allora soggetta dal punto di vista religioso.

Nel frattempo, tra il 1421 e il 1442, è costruito un edificio più ampio con l’aggiunta nel 1486 di una torre campanaria in pietra viva. Sarà questa chiesa che San Carlo Borromeo, nella sua visita apostolica del 1575, trova “a forma quadrata, disposta a tre navate di cui quella di mezzo a soffitto di legno che, benché dipinto, non sorte bell’effetto; inoltre la nave minaccia rovina e deve essere assicurata.

Ha la facciata ancora grezza e il presbiterio incompiuto”. Alcuni lavori di sistemazione vennero subito iniziati, ma solo nel 1656 un grosso lascito di 70.000 ducati d’oro destinato alla “fabbrica” della chiesa di San Martino da parte di un ricco mercante locale, Nicolò Valle, permette alla Fabbriceria, che opererà molto saggiamente, di decidere il completo rinnovamento della struttura esistente.

Il progetto è affidato all’architetto Gerolamo Quadrio, interprete del barocco lombardo, soprindentente per alcuni anni alla Fabbrica del Duomo di Milano. Nel 1659 iniziano i lavori. I vecchi pilastri in muratura nel 1667 sono sostituiti con eleganti colonne monolitiche abbinate in marmo di Zandobbio. Nel 1669 la volta è completamente rifatta e successivamente ricoperta di stucchi, mentre le strutture di copertura vengono eseguite con notevoli opere di carpenteria in legno.

Nel periodo seguente e fino agli ultimi anni del Settecento, alla caduta della Repubblica di Venezia, è un continuo operare per il completamento e l’abbellimento dell’edificio. Nel 1679 è realizzata la Cappella del Rosario; a partire dal 1677 le tre sagrestie, ricostruite con notevole senso compositivo attorno alla Cappella stessa, vengono completate con gli arredi e le decorazioni. Nel 1751 viene eseguita la pavimentazione, molto bella, con lastroni a losanga di marmi locali, bianco di Zandobbio, nero di Gazzaniga e rosa di Entratico.

Con la realizzazione, nel corso del ‘700, di ricchi altari laterali, di stucchi, di affreschi, del pulpito e con il rifacimento del presbiterio e del coro, la chiesa può considerarsi ultimata. Era stata rimandata solamente l’esecuzione della facciata, lasciata per duecento anni con muratura in cotto a vista nella parte superiore, grezza ma non priva di un tono di vivezza e di severità.Solo alla fine dell’800 i tre portali in marmo di Zandobbio, realizzati nel 1751 su disegno del Quadrio, sono inquadrati nell’esecuzione di tutta la facciata su progetto dell’architetto Virginio Muzio a compimento finale dell’opera.

LE SAGRESTIE:

Il complesso delle tre sagrestie della Basilica di San Martino non rappresenta solamente un incredibile itinerario artistico, almeno non principalmente: infatti, per chi lo immaginò e per chi lo creò fu un atto di fede. Senza tener presente questa motivazione risulta inspiegabile e confuso il dispiegarsi delle figure e dei fatti narrati.

Le sagrestie si trovano sul lato occidentale della chiesa, disposte a forma di una “L” che abbraccia dall’esterno la Cappella del Rosario. Si accede alla prima di esse dall’interno della Basilica, mentre la terza, l’ultima dell’itinerario, comunica con il palazzo Tassi-Pellicioli (attualmente sede del Museo d’Arte Sacra San Martino). Le sagrestie non rispondevano, quindi, solo a finalità di ordine pratico, conservare gli arredi sacri o consentire agli officianti di prepararsi alla liturgia, ma ne assumevano una ulteriore, più ideale, ponendosi come luogo di passaggio e di mediazione fra lo spazio esterno e lo spazio interno, fra il tempo della vita degli uomini, che scorre nella città, e il tempo liturgico e rituale del culto.

Quest’ultimo aspetto era fondamentale nel Seicento, soprattutto durante le processioni, che prevedevano l’attraversamento del paese per concludersi con il ritorno in chiesa. Al termine della processione i fedeli rientravano e attendevano l’inizio della funzione, mentre i sacerdoti, i chierici e le autorità si dirigevano nella terza sagrestia e prendevano posto sui grandi bancali. Solo i celebranti accedevano alla Seconda Sagrestia: qui la presenza dell’altare e degli inginocchiatoi permetteva di ritualizzare la preparazione alla funzione; dopodiché si spostavano nella Prima sagrestia dove venivano raggiunti, tramite un passaggio diretto, da chi si era fermato nella Terza: il corteo si riformava ed entrava in chiesa vicino all’altare maggiore.

Certamente influirono sulla decisione di realizzare un complesso così ampio anche considerazioni di carattere più pratico, quali il continuo crescente prestigio della Chiesa di Alzano e la conseguente disponibilità dei capitali necessari. Tutto questo determinò anche un incremento del numero dei suoi chierici: considerando il clero presente nei vari centri posti sotto la giurisdizione della parrocchia, è probabile che, nei giorni di festa solenne, in chiesa officiassero molte decine di sacerdoti. Il loro numero crebbe ulteriormente nel secolo successivo, quando la Chiesa di San Martino divenne Chiesa Collegiata con annesso un Capitolo di quaranta canonici. La realizzazione di tre ampie sagrestie certamente rispondeva perciò anche ad una funzione pratica di servizio.

La realizzazione del complesso delle Sacrestie ebbe inizio nel 1676. Si trattò di un cantiere complesso, poiché numerose maestranze vi lavorarono fianco a fianco, ciascuna con i propri compiti. I Fantoni cominciarono a lavorare agli arredi lignei della Prima Sagrestia nel 1679. Nella Seconda la bottega di Rovetta lavorò in collaborazione con un’altra importante famiglia di artisti del legno, i Caniana.
Le decorazioni e gli arredi delle tre sagrestie furono completate in poco più di un quindicennio.

Malgrado il progetto unitario e la velocità di esecuzione, che lasciano immaginare un’apparente omogeneità stilistica, sono tuttavia assai differenti le suggestioni che i tre ambienti comunicano, al punto da testimoniare l’avvicendamento di due epoche artistiche e storiche: dall’enfasi scenografica barocca all’elegante laicità rococò.

 

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  • Sabato e Domenica
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Direttore e Presidente del Consiglio: Don Filippo Tomaselli
Conservatore e Rettore: Riccardo Panigada
Responsabile didattica: Maria Grazia Panigada

Tel. 035.516579 o info@museosanmartino.org

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